Relazioni bilaterali tra Francia e Italia

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Relazioni tra Francia e Italia
Francia (bandiera) Italia (bandiera)
Mappa che indica l'ubicazione di Francia e Italia
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     Francia

     Italia

Il Presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni e il presidente francese Emmanuel Macron nel 2017

Le relazioni bilaterali tra Francia e Italia comprendono storicamente l'insieme dei rapporti diplomatici, politici, militari, economici e culturali intrattenuti dalla Repubblica francese con la Repubblica italiana (dal 1946), il Regno d'Italia (1861-1946) e il Regno di Sardegna (1814-1861).

La Francia svolse un ruolo di primo piano nel processo di unificazione italiana, specie nello sconfiggere militarmente l'Impero austriaco e nell'offrire sostegno finanziario. I due paesi rivaleggiarono poi per il controllo della Tunisia e del Nordafrica sul finire del XIX secolo. La vittoria francese su questo fronte indusse l'Italia ad aderire nel 1882 alla Triplice Alleanza con Germania e Austria; a ciò contribuì inoltre la Guerra commerciale degli anni 1880 tra i due paesi.

La Francia cercava però alleati contro la Germania e negoziò in segreto una serie di accordi e trattati con l'Italia assicurandosi, per il 1902, che quest'ultima non sostenesse i tedeschi in una guerra. Allo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914, l'Italia si mantenne neutrale inizialmente, cercando però un'espansione territoriale e alla fine ottenne l'offerta migliore proprio da Francia e Regno Unito, le quali promisero l'annessione di ampie fasce territoriali austriache e ottomane.

Francia e Italia si ritrovarono così al tavolo delle nazioni vincitrici (1919), ma i termini del trattato di pace non corrisposero alle promesse fatte e suscitarono lo sdegno italiano, che fu fattore decisivo nell'ascesa e nella presa di potere del fascismo con la Marcia su Roma nel 1922.

Nel periodo interbellico lo stato francese tentò di mantenersi in amicizia con Mussolini per evitare il suo appoggio alla Germania nazista. Tale politica fallì e, in seguito all'occupazione tedesca del territorio francese nel 1940, l'Italia a sua volta dichiarò guerra alla Francia ottenendo il controllo di una zona d'occupazione presso il confine tra i due paesi, alla quale si aggiunse la Corsica nel 1942. Dopo la vittoria alleata, i francesi tentarono a loro volta, senza risultato, l'annessione della Valle d'Aosta.

Francia e Italia sono nazioni fondatrici della Comunità europea, membri della NATO e del G7. Le capitali dei due paesi sono gemellate in via esclusiva e reciproca dal 9 aprile 1956,[1][2] sotto il motto

(FR)

«Seule Paris est digne de Rome; seule Rome est digne de Paris.»

(IT)

«Solo Parigi è degna di Roma; solo Roma è degna di Parigi.»

Francia e Italia condividono 488 km di confini.[3] Il confine fu in gran parte stabilito nel 1860 dal Trattato di Torino con lievi rettifiche nel Trattato di Parigi del 1947. Il Regno di Francia condivideva una frontiera con il Ducato di Savoia dopo l'incorporazione della Provenza alla Francia sotto Carlo VIII nel 1486. La più ampia regione di confine italo-francese era stata parte del Regno di Arles tra i secoli XI e XIV.

Il confine tra Francia e Savoia restò in evoluzione dal tempo delle Guerre d'Italia del XVI secolo. Nel corso dell'età moderna fu fissato dal Trattato di Torino (1696). Dopo la Guerra di successione spagnola, la Casa Savoia ottenne notevoli espansioni territoriali, diventando così il nucleo del successivo Risorgimento. La Savoia fu occupata dalla Francia rivoluzionaria dal 1792 al 1815. Il Congresso di Vienna del 1815 ne determinò poi l'unione al Regno di Sardegna insieme al Piemonte e alla Contea di Nizza.[4] Nel 1860, in esecuzione del Trattato di Torino, Nizza e Savoia furono annesse alla Francia, mentre l'Italia acquisì la Lombardia.

Vi è tutt'oggi un contenzioso territoriale sulla vetta del Monte Bianco.

Era napoleonica

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Napoleone Bonaparte governò gran parte dell'Italia, tranne le isole maggiori, tra il 1796 e il 1814, introducendo una serie di riforme che avrebbero cambiato i sistemi politici e giuridici dei molti micro stati della penisola e contribuito a suscitare il nazionalismo italiano e la spinta all'unificazione. Le leggi feudali furono abrogate e i compiti amministrativi iniziarono a presupporre la competenza, abolendo un sistema di corruzione e clientela. Il governo non voleva più preservare l'aristocrazia, ma si aprì al ceto medio e professionale. La maggior parte dei possedimenti ecclesiastici fu compravenduto.

La Restaurazione non riuscì a sopprimere il nuovo spirito politico. In questo periodo si svilupparono numerose società segrete intese a trasformare e unificare il paese, mentre il nuovo importante fattore dell'anticlericalismo poneva in discussione il dominio politico della Chiesa in Italia centrale e la sua influenza in tutta la penisola. Gli ideali di libertà così diffusi condussero al Risorgimento con le sue istanze di unificazione, modernizzazione e riforma morale.[5]

Unificazione italiana

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La Francia giocò un ruolo centrale nell'unificazione italiana, con Napoleone III che prima sostenne il processo unitario negli anni 1850, poi lo ostacolò proteggendo lo Stato della Chiesa nel decennio seguente.[6] Da tempo ammiratore dell'Italia, Napoleone avrebbe ben visto il paese unificato sebbene ciò potesse dar vita a una potenza rivale. Negli accordi di Plombières, l'imperatore pianificò con Camillo Benso la cacciata degli austriaci e la fondazione di una confederazione italiana di quattro stati, formalmente guidata dal papa. Gli eventi del 1859 però posero fine al controllo di Napoleone sull'unificazione italiana. L'Austria fu presto sconfitta, ma invece di dar vita a una confederazione di stati, un nuovo senso di nazionalismo italiano diete vita alla Seconda guerra d'indipendenza, che unificò quasi tutto il paese al Piemonte. Il papa riuscì a mantenere la sovranità su Roma solo perché i francesi inviarono truppe a sua protezione.

Come ricompensa dell'aiuto prestato nel Risorgimento la Francia ottenne dall'Italia i territori di Nizza e Savoia. Il paese transalpino aveva sostenuto il Piemonte sia militarmente, espellendo gli austriaci, sia finanziariamente, versando nel 1848-1860 oltre un miliardo di franchi d'oro, metà della somma necessaria al Regno di Sardegna. Cavour attinse finanziamenti dalla banca Rothschild di Parigi, ma non si peritò di raccogliere prestiti anche da altri finanzieri europei.[7]

L'annessione dei territori pontifici scontentò gli ambienti cattolici, tanto italiani quanto francesi, mentre la successiva protezione di Roma da parte di Napoleone fu invisa agli anticlericali di entrambi i paesi. La Presa di Roma da parte italiana avvenne nel 1870 quando, incombendo la Guerra franco-prussiana, Napoleone ritirò le truppe dalla capitale.[8]

Dalla presa di Roma al primo dopoguerra

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Dopo il 1870 le relazioni italo-francesi ebbero episodi di ostilità diplomatica ed economica, originati principalmente dalla competizione per il controllo del Nordafrica. Il cancelliere tedesco Otto von Bismarck era preoccupato dal revanscismo francese (a caccia di rivincita per la perdita dell'Alsazia-Lorena), che tentò di neutralizzare incoraggiando l'espansione della Francia in Tunisia. L'Italia, ritardataria nel progetto imperialista delle potenze europee, a sua volta aveva mire sulla Tunisia, perché molti italiani già vi vivevano e soprattutto perché il controllo di Tunisi e Sicilia insieme le avrebbe assicurato il controllo del Mediterraneo. La Francia era più vicina all'obiettivo e svolgeva già in Tunisia molte operazioni commerciali consolidate. L'Italia infatti uscì sconfitta anche a causa del sostegno anglo-tedesco al rivale. L'esercito francese così invase e conquistò la Tunisia, suscitando la rabbia italiana. Le relazioni tra i due paesi volsero quindi al peggio negli anni 1880. Ad esempio vi furono controversie sui dazi e il commercio tra i due paesi affondò, mentre la politica crispiana non cessava di alimentare l'ostilità ai francesi.[9]

Alleanze militari nel 1914. Nella Grande Guerra l'Italia si dichiarò inizialmente neutrale; nel 1915 però intervenne passando al fianco della Triplice Intesa

Fu quindi in uno spirito di rivincita che l'Italia stipulò la Triplice alleanza con Germania e Austria nel 1882. Il nuovo kaiser Guglielmo II però rimosse Bismarck dall'incarico nel 1890 e ingaggiò un temerario avventurismo diplomatico in Nordafrica che infastidì sia Roma sia Parigi. A questo punto l'Italia intravide la soluzione di riavvicinarsi clandestinamente alla Francia, in particolare in un trattato segreto del 1892, che di fatto vanificava l'adesione italiana alla Triplice. Le questioni doganali si risolsero e nel '900 i francesi appoggiarono l'espansionismo italiani in Tripolitania; per conto suo l'Italia riconobbe il dominio francese in Marocco. Nel 1902 le parti giunsero a un accordo che, indipendentemente dal rinnovo italiano dell'adesione alla Triplice, il paese non sarebbe entrato in guerra con la Francia.

Tutti questi rapporti restarono segreti, e Berlino e Vienna non si resero conto della perdita dell'alleato.[10] Di conseguenza, allo scoppio della prima guerra mondiale nel luglio 1914, l'Italia annunciò che non avrebbe applicato il trattato e si dichiarò neutrale. Francia e Gran Bretagna peraltro, ritenendo vantaggioso l'apporto di personale militare italiano, offrirono al paese in caso di vittoria vaste fasce territoriali austriache e ottomane. L'Italia entrò in guerra a maggio 1915.[11]

L'Italia prese parte alla Seconda battaglia della Marna e all'Offensiva dei cento giorni sul Fronte occidentale, mentre pochi soldati francesi furono impegnati nelle battaglie del Piave e di Vittorio Veneto. A fine conflitto, il Trattato di Versailles sancì un assetto territoriale diverso da quello promesso nel 1915, suscitando in Italia una reazione estremamente negativa a quello che fu interpretato come un tradimento da parte della Triplice intesa. L'intensa insoddisfazione, alimentata dai veterani, condusse in ultimo alla conquista del governo da parte del movimento fascista guidato da Benito Mussolini.[12][13]

Giovanni Giolitti, Presidente del Consiglio italiano, e Alexandre Millerand, presidente del Consiglio francese, a l'hotel Mirabeau, durante la conferenza d'Aix-les-Bains, il 12 settembre 1920.

Periodo interbellico

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Negli anni 1920 Francia e Italia ebbero vari motivi d'attrito, che però non sfociarono mai in uno scontro aperto. Alla Conferenza navale di Washington del 1922 l'Italia chiese e ottenne condizioni di parità con la Francia quanto alle proporzioni della marina militare. La Tunisia restò però un punto nevralgico, anche a causa della numerosa comunità italiana del luogo. La Francia si riteneva inoltre protettrice dell'Etiopia indipendente, su cui insistevano invece le mire dell'Italia. Ma la sconfitta nella Battaglia di Adua convogliò l'attenzione italiana alle sole colonie di Somalia ed Eritrea.

Negli affari europei, Mussolini promosse un Patto a quattro per porre in mano a quattro potenze (Gran Bretagna, Francia, Italia e Germania) la politica estera nel continente, ma l'opposizione francese rese il patto vago ed esso, anche se firmato a Roma nel luglio 1933, non fu ratificato dal parlamento transalpino. La Francia tentò comunque di mantenere buoni rapporti con Mussolini per evitare il suo appoggio alla Germania nazista.[14]

Guerra d'Etiopia

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All'invasione italiana dell'Etiopia nel 1935, la Società delle Nazioni condannò l'azione di guerra e impose un boicottaggio petrolifero sull'Italia. Il ministro degli esteri britannico Samuel Hoare e il primo ministro francese Pierre Laval proposero un compromesso che avvantaggiava però l'Italia a scapito dell'Etiopia. La posizione conciliante con Mussolini costrinse poi entrambi i ministri alle dimissioni.[15]

Conferenza di Monaco

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Nel settembre 1938, con l'accordo di Monaco, Francia e Gran Bretagna promossero l'appeasement soddisfacendo le pretese tedesche sul territorio germanofono cecoslovacco. L'Italia, che sosteneva la Germania, tentò a sua volta di ottenere concessioni dalla Francia. Mussolini chiedeva un porto franco a Gibuti, il controllo della ferrovia Gibuti-Addis Abeba, la partecipazione italiana nella gestione della Compagnia del canale di Suez, una qualche forma di condominio franco-italiano sulla Tunisia e la tutela della cultura italiana in Corsica con rinuncia alla francesizzazione degli abitanti.[16] L'Italia si opponeva al monopolio francese del canale di Suez per risparmiare al proprio traffico mercantile verso l'Africa Orientale il pagamento del pedaggio. tutto il traffico mercantile italiano verso la propria colonia dell' fu costretto a pagare i pedaggi entrando nel canale. La Francia però respinse le richieste, sospettando che il regime italiano mirasse in realtà all'annessione di Nizza, Corsica, Tunisia e Gibuti. Il paese transalpino tenne anche esercitazioni navali per avvertimento all'Italia. Con l'intensificarsi delle tensioni tra i due paesi, Hitler pronunciò un importante discorso il 30 gennaio 1939, promettendo il supporto militare tedesco in caso di guerra non provocata dall'Italia.[17]

Seconda guerra mondiale

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Con la Germania a un passo dalla vittoria sulla Francia nella guerra lampo del 1940, l'Italia a sua volta dichiarò guerra e invase la Francia meridionale, ottenendo il controllo di una zona d'occupazione presso il confine tra i due paesi.[18] Nel 1942 occupò anche la Corsica. Il regime collaborazionista di Vichy si mantenne amico degli invasori per ottenere concessioni che la Germania non avrebbe mai fatto accordato nella zona da essa occupata.[19]

Secondo dopoguerra

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Dopo alcune proposte di unione doganale franco-italiana,[20] i due paesi furono fondatori della Comunità europea, della NATO e del G7. Con un forte partito comunista in parlamento, e buona parte della popolazione neutrale, l'Italia all'inizio esitò a entrare nel Patto atlantico. A loro volta, Gran Bretagna e Francia erano contrarie all'adesione italiana; la Francia tuttavia in seguito si rese conto che la propria sicurezza dipendeva dal poter contare su una regione mediterranea amica. Parigi divenne così sostenitrice dell'adesione di Roma. L'Italia, dal canto suo, aderì con la volontà di rafforzare il legame con gli Stati Uniti, ma evitando il pieno coinvolgimento nella pianificazione militare.[21][22]

Negli anni '60, il generale de Gaulle sviluppò una politica estera mirata a ridurre al minimo il ruolo di Gran Bretagna e Stati Uniti, tentando di costruire una base europea indipendente.[23] Pur non abbandonando formalmente la NATO, de Gaulle ritirò la Francia dalle sue principali attività. L'Italia fu generalmente riluttante a seguirla, insistendo piuttosto sull'importanza di una forte Unione europea che includesse la Gran Bretagna.[24]

Un ulteriore elemento dialettico derivava dalla politica africana dei due Paesi: persino tra due socialisti come Bettino Craxi e François Mitterrand, «che amavano con tutto il loro cuore e la loro intelligenza i paesi natii, non tutto era rose e fiori, a cominciare dalla presenza operativa di una preminenza politica nel Mediterraneo, iniziando dalla Tunisia e dalla Libia, ma passando anche per l’Egitto, giù fino alle coste somale, all’Eritrea ed all’Etiopia»[25].

Durante il primo governo Conte (M5S-Lega) vi sono stati alcuni momenti di crisi diplomatica, legati soprattutto all'immigrazione: mentre le autorità francesi hanno criticato la politica dei "porti chiusi" adottata dal ministro dell'Interno Salvini,[26][27] le autorità italiane hanno risposto criticando le politiche francesi in Libia e nell'Africa sub-sahariana.[28][29] Tali tensioni hanno raggiunto il culmine nel febbraio 2019, quando la Francia richiamò il suo ambasciatore da Roma per protestare contro le "accuse ripetute, attacchi infondati e dichiarazioni scandalose" da parte del Governo italiano, che erano "senza precedenti dalla fine della seconda guerra mondiale".[30][31]

I due paesi sono ciascuno il secondo maggior partner commerciale dell'altro.[32]

Influenze culturali

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Cultura italiana in Francia

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Il Rinascimento italiano ebbe una grande influenza sulla Francia durante il XVI secolo.

Due regine di Francia, Caterina de' Medici e Maria de' Medici, e un primo ministro francese, Giulio Mazzarino, erano italiani.

La casata Bonaparte affonda le sue radici in Italia, precisamente a San Miniato, nella regione Toscana.

Molti artisti italiani del XIX e XX secolo (come Giuseppe De Nittis, Boldini, Gino Severini, Amedeo Modigliani, Giorgio de Chirico) andarono in Francia per lavorare, in un'epoca in cui Parigi era la capitale internazionale delle arti.

Molti italiani immigrarono in Francia durante la prima parte del XX secolo: nel 1911, il 36% degli stranieri che vivevano in Francia erano italiani.[33] A volte gli immigrati subivano un violento antiitalianismo come i Vêpres marseillaises (vespri di Marsiglia), avvenuti a giugno 1881 o il massacro di Aigues-Mortes il 17 agosto 1893.[34] Oggi si stima che fino a 5 milioni di cittadini francesi abbiano origini italiane risalenti a tre generazioni fa.[35]

Oggi 340.000 cittadini italiani vivono in Francia,[36] mentre 130.000 cittadini francesi vivono in Italia.

Cultura francese in Italia

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Le dinastie normanne e angioine che governarono il Regno di Sicilia e il Regno di Napoli durante il Medioevo vennero dalla Francia. I Normanni introdussero una distinta arte romanica e architettura del castello importata dal nord della Francia. Alla fine del XIII secolo, gli Angioini introdussero l'arte gotica a Napoli, dando vita a un peculiare stile di architettura gotica ispirato al gotico francese meridionale.

Scrittori e trovatori provenzali del XII e XIII secolo ebbero un'influenza importante sul movimento Dolce stil novo e su Dante Alighieri.

Durante il XVII e il XVIII secolo molti artisti francesi vissero e lavorarono in Italia, specialmente a Roma, che era la capitale internazionale delle arti. Questi includono Simon Vouet, Valentin de Boulogne, Nicolas Poussin, Claude Lorrain e Pierre Subleyras.

Villa Medici a Roma ospita l'Académie de France à Rome. L'Accademia fu fondata nel 1666 da Luigi XIV per formare artisti francesi (pittori, scultori, architetti) e farli conoscere l'arte del Rinascimento romano e italiano. Oggi l'Accademia è responsabile della promozione della cultura francese in Italia.

Dal 1734 al 1861, il Regno di Napoli e la Sicilia furono sotto il dominio del ramo spagnolo della dinastia borbonica, originario della Francia. Carlo III, re di Napoli era il nipote di Luigi, Delfino di Francia, figlio di Luigi XIV.

Durante l'Età napoleonica, gran parte dell'Italia era sotto il controllo francese e alcune furono annesse al Primo Impero francese. Il regno di Napoli fu governato da Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone Bonaparte, e poi da Gioacchino Murat. Fu sotto il dominio di Giuseppe Bonaparte che il feudalesimo fu abolito, nel 1806.

Sia la Francia che l'Italia sono membri fondatori dell'Unione europea e hanno adottato l'euro come valuta nazionale dalla sua introduzione.

Dal 1982, un vertice annuale formalizza la cooperazione franco-italiana. Il primo si è tenuto a Villa Madama.[37]

Vittorio Emanuele II e Napoleone III

Il primo ministro del Regno di Sardegna Camillo Benso fu in grado di portare Napoleone III dalla sua parte dopo l'affare Orsini durante l'Unità d'Italia. L'esercito francese fu alleato con Vittorio Emanuele II d'Italia durante la Seconda Guerra d'Indipendenza italiana e sconfisse gli austriaci nella Battaglia di Magenta e nella Battaglia di Solferino. Successivamente, la Francia si oppose all'Italia durante la Presa di Roma (ma non fece nulla per impedirla), che rappresentò la fine del potere temporale papale.

Dopo la prima guerra mondiale i governi dei due paesi furono entrambi tra i quattro grandi che sconfissero le potenze centrali.

L'ultimo conflitto militare fu la Seconda battaglia delle Alpi nell'aprile 1945.

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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